Nei paesi italo-albanesi di rito greco-bizantino i morti vengono commemorati quasi all’inizio della primavera, nel mese che gli antichi greci chiamano “ANTESTERIONE”, corrispondente al periodo che va dalla fine di febbraio agli inizi del mese di marzo, o più precisamente, il sabato precedente la domenica di Carnevale e quindici giorni prima della Quaresima.
Nella tradizione arbëreshe, la commemorazione dei defunti presenta le caratteristiche di una festa popolare, durante i quali i morti si confondono con i vivi.
Si crede che Gesù Cristo per otto giorni dia il permesso alle anime perché escano dall’oltretomba e facciano ritorno in superficie per andare a ritrovare i luoghi dove sono vissuti.
Tutte le case sono illuminate con i lumi alimentati da olio vergine: “Val të but”, perché servono ad indicare la luce ai defunti che escono dalle tombe per mescolarsi con i vivi.
Il sabato (e shtunia e madhe o e shtunia e Shales – Il sabato di Rosalia, festa pagana), è un giorno di lacrime perché i morti sono obbligati a ritornare nell’oltretomba, distaccandosi dai propri cari.
A San Demetrio Corone ci si avvia in processione nel cimitero, cantando il salmo 129: “Tek jam i thell…” Dove sono sprofondato…”, in liturgia bizantina.
I giovani lasciano una piccola pietra sul bordo della colonna (stele) che ricorda i caduti in guerra, sistemata all’inizio del viale che conduce al cimitero.
Questo gesto dovrebbe perseverarli da una morte prematura e violenta come quella che colse i combattenti in guerra.
La pietra assume il significato di un pegno, da parte di sé stessi da lasciare in cambio della salvezza.
Dopo la celebrazione della messa nella chiesetta del cimitero davanti all’altare e alla croce, e la recita a volte alta di preghiere in greco antico e in albanese, il papàs benedice l’ossario e bussa tre volte nella porta di ferro per salutare i defunti che stanno dietro quella povera porta e per stabilire un contatto con loro.
Successivamente, i parenti degli estinti si appartano nella tomba dei propri cari e consumano cibi e bevande. Chiunque passa accanto alla tomba viene invitato a partecipare al “simposio”.
Nello stesso giorno il papàs (sacerdote) visita le famiglie e procede alla benedizione delle panagjie (mense con vino, pane, grano bollito e una candela sovrapposta al centro), simbolo della resurrezione del corpo e della immortalità.
Dopo la cerimonia, il papàs distribuisce ai presenti il pane a fette e su ciascuna di queste dispone il grano bollito.
Tratto da"Arbitalia"
Alcune foto si riferisco alla cerimonia svolta a Santa Sofia d'epiro